Una maestra qualche giorno fa mi contatta su Twitter per sapere se sono disponibile a un incontro con i suoi alunni e dopo un paio di tweet mi scrive: “Noi in classe pratichiamo il BYOD quindi per i bambini sarebbe senz’altro un’esperienza unica!”.
Bene, la maestra non può vedere la mia espressione facciale ma vi assicuro che assomiglia a quella di un gatto davanti a un alano affamato. Cos’è che praticano in classe?…(continua)
Una maestra qualche giorno fa mi contatta su Twitter per sapere se sono disponibile a un incontro con i suoi alunni e dopo un paio di tweet mi scrive: “Noi in classe pratichiamo il BYOD quindi per i bambini sarebbe senz’altro un’esperienza unica!”.
Bene, la maestra non può vedere la mia espressione facciale ma vi assicuro che assomiglia a quella di un gatto davanti a un alano affamato. Cos’è che praticano in classe?
Per fortuna su internet si trova tutto e scopro che BYOD è l’acronimo di Bring Your Own Device, che letteralmente in italiano è “porta il tuo dispositivo”. Quindi stamattina attraverso Skype mi sono collegata al tablet di Linda Ierardi, maestra della quinta elementare sezione C della Scuola Primaria “G. Falcone” di Funo di Argelato. Bello, mi sembrava di essere il capitano Kirk che si collega a qualche avamposto terrestre! Se osservate la foto, vedete il mio faccione sul tablet.
Linda mi spiega che gli alunni hanno apprezzato tantissimo il racconto “Hanno taggato Biancaneve” e non vedono l’ora di leggere “La fisica della ragazze” (desiderio nato dopo che ho rivelato che la disegnatrice, Caterina Giorgetti, è la stessa!). Gli alunni (quasi tutte bambine) sono stati simpatici, educati, pieni di curiosità. Anche a loro ho chiesto se navigavano su internet e dopo il solito coro generale di “SIIIIIII”, scopro – ancora una volta – che lo fanno da soli. A scuola, mi spiega la maestra Linda, sono tutelati dalla presenza dell’insegnante e dai blocchi per i minori ma… a casa?
A proposito della maestra. Dopo avermi raccontato della lim (che convive accanto alla lavagna di ardesia) e di come i bambini fanno le ricerche (le spediscono via internet e poi ne parlano in classe il giorno dopo) mi inquadra delle bellissime ghirlande rosse fatte di rose di carta, spiegandomi che va bene la tecnologia ma loro non dimenticano l’importanza della manualità. Proprio come mi spiegava uno psicologo dell’infanzia poco tempo fa, i bambini hanno bisogno di “fare con le mani” perché la struttura del nostro cervello è questa: non siamo nati per passare ore e ore davanti a un tablet o a un monitor ma per toccare, plasmare, sentire la materia con i nostri sensi, proprio come facevano i nostri avi cavernicoli. Dimenticare questo, significa affossare parte dello sviluppo cognitivo.
Quindi bravissima questa maestra 2.0 che sa come fondere la tecnologia con carta e forbici. Perché quello che sembra un gioco colorato, non è mai solo un gioco. Se volete sapere qualcosa di più, gli alunni hanno un blog: http://www.primariainbyod.blogspot.it/
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