Qualche tempo fa a Milano ci fu un’ondata di furti nei confronti dei veterinari: gli studi venivano scassinati nella notte per rubare la ketamina, l’anestetico usato per addormentare gli animali. Questa sostanza infatti è utilizzata come stupefacente. Da una decina d’anni però gli scienzaiti si sono accorti che la ketamina ha un impiego diverso: risolve i casi più difficili di depressione, cioè quelli in cui il paziente non risponde alle varie molecole che sono in commercio.
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Depressione, anestesia e sballo
Qualche tempo fa a Milano ci fu un’ondata di furti nei confronti dei veterinari: gli studi venivano scassinati nella notte per rubare la ketamina, l’anestetico usato per addormentare gli animali. Questa sostanza infatti è utilizzata come stupefacente. Da una decina d’anni però gli scienzaiti si sono accorti che la ketamina ha un impiego diverso: risolve i casi più difficili di depressione, cioè quelli in cui il paziente non risponde alle varie molecole che sono in commercio.
Pensate che risolleva l’umore nel giro di poche ore ma gli effetti durano solo da 1 settimana a 10 giorni. Ebbene, i neurologi e gli psichiatri dell’Università di Yale forse hanno scoperto come mai la ketamina è così efficace. Questa molecola stimola la produzione di glutammato e quindi aiuta la ricostruzione delle strutture di collegamento fra un neurone e l’altro (sinapsi), danneggiate dallo stress e naturalmente dalla depressione. Ma il glutammato non è quella roba che usano i cuochi ì cinesi per insaporire i loro piatti? Sì, e nel nostro cervello funziona da messaggero (neurotrasmettitore) tra una cellula cerebrale e l’altra. No, adesso non andate a ingozzarvi di ravioli al vapore e spaghetti di soia per diventare più intelligenti: il glutammato assunto per bocca non arriva al cervello. Il problema ora è rendere la ketamina un farmaco affidabile perché l’abuso porta ad attacchi psicotici e gli studiosi stanno pensando come ottenere una molecola simile ma senza gli effetti collaterali dello sballo.
PS: sono molto sensible all’argomento depressione, perché l’ho conosciuta da vicino, molto vicino. E’ vero, le medicine da sole non risolvono ma sono utili in un percorso di guarigione in cui vi sia anche uno psicologo o uno psichiatra che faccia terapia della parola. Se penso a un depresso, la vedo come una persona che deve affrontare una scalinata molto ripida ma è incapace di vedere gli scalini. Quindi si blocca. Si blocca nel corpo e nell’anima. Allora vedo l’antidepressivo come il corrimano su cui appoggiarsi e il terapeuta è la persona che indica dove si trovano i gradini e quanto sono alti. Ma ovvimente lo sforzo finale è da compiere col proprio corpo, cervello e cuore.
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