Mi piace quando mi scrivono i lettori per pormi delle domande di fisica. Prima di avere il mio blog credevo che rispondere alla posta del cuore fosse il top: una rubrica in cui il giornalista o lo scrittore consola l’ennesima testa adornata di protuberanze ossee, è vista dagli addetti ai lavori come una cosa di grande prestigio. Pensadoci meglio, la scienza offre uno scenario più vasto e divertente (tra tradimenti e subbugli ormonali ormai è la solita minestra).
Un lettore dunque mi ha inviato la foto di un astronauta in orbita attorno alla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) e mi ha chiesto: A quale temperatura si trova l’astronauta?
(continua)
Che caldo fa lassù?
Mi piace quando mi scrivono i lettori per pormi delle domande di fisica. Prima di avere il mio blog credevo che rispondere alla posta del cuore fosse il top: una rubrica in cui il giornalista o lo scrittore consola l’ennesima testa adornata di protuberanze ossee, è vista dagli addetti ai lavori come una cosa di grande prestigio. Pensadoci meglio, la scienza offre uno scenario più vasto e divertente (tra tradimenti e subbugli ormonali ormai è la solita minestra).
Un lettore dunque mi ha inviato la foto di un astronauta in orbita attorno alla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) e mi ha chiesto: A quale temperatura si trova l’astronauta?
Risposta veloce: la temperatura da quelle parti, quindi dal lato esposto al Sole, raggiunge circa i 120 gradi mentre dalla parte in ui non è esposta si scende a -150 gradi. Anche sulla Luna ci sono differenze abissali: 107°C di giorno e -153°C la notte. Accade perché la Luna (e anche la ISS) non ha un’amosfera che, come una coperta di gas, è in grado di intrappolare l’energia termica.
Risposta meno veloce con un pizzico di storia: Ok, gli oggetti rivolti verso il Sole, si scaldano di più. Il fenomeno è detto irraggiamento. Ma come è possibile legare i “raggi” del Sole a una temperatura? I raggi del sole sono onde elettromagnetiche, hanno una certa frequenza, quindi qual è il legame con la temperatura? Per scoprirlo, facciamo conoscenza del brodo di onde primordiale in cui siamo inzuppati.
I fisici dicono che l’Universo ha una temperatura “di fondo” media di -270,42 °C (2,7 k, cioè gradi kelvin). Sì, è freddissimo ma in fisica questo è comunque “calore”. Ed è il calore che è rimasto del Big Bang: permea tutto l’Universo. E’ legato all’energia delle microonde che, come ceneri non ancora spente, rimangono dopo il Grande Botto. Queste ceneri furono scoperte due fisici americani Arno Penzias e Robert Wilson del tutto casualmente. Per captare i radiosegnali fra galassie, stavano sperimentando presso i laboratori Bells un’antenna nata per scopi commerciali (faceva parte di un arcaico sistema di comunicazione satellitare chiamato Echo). L’antenna avrebbe funzionato bene come radiotelescopio?
Quando iniziarono le “osservazioni”, i due scienziati erano piuttosto contrariati: non riuscivano ad eleminare un noioso rumore di fondo, un po’ come la “neve” nelle immagini televisive di una volta. Così provarono a cambiare la direzione in cui puntava l’antenna ma…niente. Il disturbo era sempre lì e appariva piuttosto uniforme, tanto da far supporre che fosse un problema tecnico dell’antenna stessa. Poi la orientarono verso New York City aspettandosi che la “nebbia” elettromagnetica della città peggiorasse la situazione e invece niente: non era un’interferenza “urbana”. Non erano radiazioni provenienti da qualche galassia e neanche colpa dei piccioni che “polleggiavano” all’interno dell’enorme antenna.
Poteva essere colpa delle solari? Dipendere dalle stagioni? Niente di tutto questo. Il rumore di fondo era sempre lì. Era ora di escludere un errore e di pensare a cosa potesse essere realmente. Il caso volle che nello stesso momento uno scienzato di nome Robert Dicke, nella vicina Università di Princeton, stesse teorizzando l’esistenza di un segnale, una specie di eco del Big Bang, che avrebbe dovuto permeare tutto il cosmo proprio come un profumo che, spruzzato in una stanza, alla fine permea tutto lo spazio a disposizione. Così Penzias e Wilson contattarono Dicke, il quale avendo riconosciuto nella scoperta dei due la conferma alle sue teorie, disse ai suoi collaboratori: “Siamo stati battuti”. Curiosamente non era la prima volta che fisici e astronomi si imbattevano nel fenomeno del “rumore dell’Universo” ma nessuno gli diede mai la giusta importanza, in parte perché, come spiega Steven Weinberg, negli Anni Cinquanta occuparsi delle orgini dell’Universo non era una cosa “rispettabile”: come dire che non solo le scarpe ma anche la ricerca scientifica va a “mode”. Penzias e Wilson vinsero il Premio Nobel per la Fisica nel 1978. E qui si potrebbe aprire un dibattito su come e perché la fisica sperimentale batte smaccatamente la fisica teorica (povero Dicke!).
Quindi: l’Universo ha una temperatura media, che corrisponde a -270,42 °C. Una temperatura però che non può essere misurata come quando abbiamo la febbre: il mercurio si dilata perché le molecole del metallo liquido ricevono energia termica dalla pelle e quindi entrando in agitazione, aumentano la loro velocità e occupano più spazio (e la lineetta “sale). Qui non c’è un termometro da mettere sotto l’ascella dell’Universo ma si deve calcolare tramite l’energia delle microonde captate dal radiotelescopio. Per farlo bisogna usare l’equazione che tolse il sonno a Planck, quella del corpo nero, che mette in relazione frequenze e temperature (ed è indipendente dal tipo di materiale che emette le onde!). Planck aggiustò l’equazione ipotizzando che ogni onda elettromagnetica porta con sé un bagaglio di energia legata alla sua frequenza: E = hf. Che a sua volta segnò la nascita della spettacolare, affascinante, strabiliante fisica quantistica. Ehi, ora però sto andando un po’ in là…
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