La mia amica ha comprato le stelline adesive, quelle che diventano luminose al buio, per la cameretta del suo bambino. E mi chiede di cosa sono fatte e sono “radioattive”…
Questi adesivi sfruttano il fenomeno della fosforescenza, che non c’entra nulla con la radioattività. In pratica gli inchiostri usati per le stelline assorbono energia dalla luce del sole (o delle lampadine) che le colpisce, la accumulano e poi la rilasciano dopo qualche tempo sotto forma di luce visibile. Il fenomeno di assorbimento/rilascio avviene di continuo e sono gli elettroni che fanno tutto il lavoro: a livello del nucleo non accade nulla, quindi le stelline non sono radioattive. La luce è emessa anche di giorno ma non si vede perché quella delle lampadine o del Sole è più intensa e quindi prevale. Un po’ come succede con la luce delle stelle che sono sempre in cielo ma di giorno non le vediamo.
Di solito gli adesivi contengono alluminato di stronzio (con un pizzico di europio), che emette luce verdina. Alcuni giocattoli contengono invece solfuro di zinco attivato (e un pizzico di rame) ma sono meno luminosi. Tali sostanze non sono pericolose e la loro luce un po’ da fantasma nella notte, non è dannosa. Allora come mai nei film le sostanze radioattive sono sempre mostrate avvolte in una sinistra e pulsante luce verde simile alla fosforescenza delle stelline? Perché di fosforescenza si tratta ma… Andiamo con ordine.
Quando il nucleo si spacca (decadimento), sono emesse particelle (nuovi nuclei, elettroni, positroni, neutrini, ecc) e fotoni cioè “grumi” di energia. Tali fotoni però non hanno l’energia giusta per essere visibili ai nostri occhi. Allora come mai si narra che Marie Curie usasse la luce blu emessa da un pezzo di radio (radioattivo, appunto, come aveva scoperto la grande scienziata nel 1898) per leggere di notte? Perché non era radio puro ma era contaminato in modo naturale dal bromo. Quindi mentre il radio decade, le “briciole di energia” liberata vanno a colpire gli elettroni del bromo, che prima la assorbono e poi la rilasciano sotto forma di luce blu. Così come l’uranio: anch’esso emette una “sinistra” fosforescenza ma è dovuta all’energia assorbita e riemessa dalle impurità di cloro, presente nell’uranio naturale. Quindi il fenomeno della luce emessa è lo stesso (fosforescenza) ma nel caso degli adesivi l’energia di partenza arriva dall’innocua luce del sole mentre nei minerali radioattivi arriva da un decadimento cioè da una frantumazione del nucleo.
Come si è formata allora l’idea della luce verde “radioattiva” che vediamo al cinema? Molto probabilmente il tutto è iniziato nel 1908 quando fu creata una vernice visibile al buio a base di solfuro di zinco, rame e radio. La luce emessa era verde e le vernici a base di radio divennero molto popolari nella prima metà del Ventesimo Secolo: per i quadranti degli orologi e per le strumentazioni degli aerei, solo per fare alcuni esempi. Ovviamente tali vernici erano altamente tossiche: non per la luce che emettevano ma per le invisibili particelle (nuclei di elio, elettroni e fotoni gamma) emesse dal decadimento radioattivo del radio, che avevano sufficiente energia per danneggiare il dna. Nelle fabbriche che sfornavano i quadranti degli orologi radioattivi lavoravano quelle che passarono alla storia come le ragazze del radio: per fare un lavoro di precisione, prima di intingere il pennellino nella vernice lo appuntivano passandolo sulla lingua.
Naturalmente nessuno le aveva avvisate dei pericoli. Alcune si divertivano perfino a dipingersi le unghie e i denti. Quando si ammalarono andarono in causa e vennero risarcite, nel 1928, con 10.000 dollari, che corrispondo a circa 136.000 dollari di oggi. E fu così che nell’immaginario collettivo la radioattività divenne verde fosforescente.
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