Avevo dieci anni e per la prima volta non avrei dormito a casa mia. Ricordo una stanza dalle pareti azzurre, un finestrone da cui entrava troppa luce e un letto scomodo. E ricordo anche di aver chiacchierato seduta su una sedia in formica: il ragazzo era molto gentile che cercava di tranquillizzarmi. Ero in ospedale e il giorno dopo avrei dovuto subire un piccolo intervento in bocca, che richiedeva l’anestesia totale. Credo fosse l’alba quando mi hanno svegliata e condotta in barella verso la sala operatoria. Dire che ero terrorizzata è troppo poco. Avevo l’angoscia che il chirurgo sbagliasse l’intervento e peggio ancora avevo paura di non svegliarmi più. Mi è venuto in mente questo episodio perché ancora oggi l’anestesia è un mistero ma ho appena letto una notizia molto interessante…(continua)
Avevo dieci anni e per la prima volta non avrei dormito a casa mia. Ricordo una stanza dalle pareti azzurre, un finestrone da cui entrava troppa luce e un letto scomodo. E ricordo anche di aver chiacchierato seduta su una sedia in formica: il ragazzo era molto gentile che cercava di tranquillizzarmi. Ero in ospedale e il giorno dopo avrei dovuto subire un piccolo intervento in bocca, che richiedeva l’anestesia totale. Credo fosse l’alba quando mi hanno svegliata e condotta in barella verso la sala operatoria. Dire che ero terrorizzata è troppo poco. Avevo l’angoscia che il chirurgo sbagliasse l’intervento e peggio ancora avevo paura di non svegliarmi più. Mi è venuto in mente questo episodio perché ancora oggi l’anestesia è un mistero ma ho appena letto una notizia molto interessante. Alcuni scienziati della Perelman School of Medicine della University of Pennsylvania hanno investigato gli effetti dell’anestetico sevoflurano (va vaporizzato e poi inalato attraverso l’apposita mascherina) scoprendo qualche indizio in più sui meccanismi a livello cellulare. Pare che sia fondamentale ciò che avviene a livello dei canali del sodio.
Questi sono “passaggi” fatti di proteine che si trovano sulle membrane cellulari: si aprono solo se vengono stimolate in un certo modo, permettendo agli ioni sodio di attraversare la membrana. I ricercatori hanno scoperto che il sevoflurano interrompe il segnale fra nervi e cervello (interruzione necessaria altrimenti l’anestesia non sarebbe tale) alterando prima di tutto le funzioni dei canali del sodio in tre punti della membrana.
La cosa sorprendente è che all’inizio della somministrazione, le cellule subiscono una stimolazione vera e propria: ecco perché il paziente può vivere un momento in cui si sente particolarmente eccitato. Al crescere della dose, però, sempre più canali sodio sono bloccati, le cellule non riescono più a mandare i segnali elettrici e…il paziente si addormenta.
Il sevoflurano (il nome ricorda che la molecola contiene sette atomi di fluoro) è entrato per la prima volta negli ospedali giapponesi nel 1990.
Chissà a me che cosa avevano dato. Ho dormito, certo, ma il risveglio è stato orribile e lo ricordo benissimo: urlavo come una gallina e davo sberle a chiunque si avvicinasse (fra cui l’infermiera e mia nonna). Praticamente una scena degna de “L’esorcista”.
Ho chiesto spiegazioni a un neurologo ma queste reazioni sono ancora un mistero. E’ andata peggio a una mia amica che, durante il risveglio, mentre i suoi canali del sodio erano ancora "impolverati" di anestesia, ha confessato al medico che la stava “riportando alla luce”, di aver tradito il marito.
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