Salgono una fermata dopo di me. Impossibile non notarli: lui e lui, vestiti con uno stile simile per contenuto di snobismo ma opposto nei colori.
Il più anziano ha da un po’ superato i settanta, l’altro ha accarezzato i cinquanta da un paio d’anni o forse tre.
L’uomo seduto di fronte a me indossa un completo blu, camicia bianca con gemelli, pochette verde che pende dal taschino con la stessa morbidezza di una vita vissuta senza particolari problemi. Gli occhiali azzurri da sole non sono sufficienti per nascondere lo sguardo. Sembra sereno e rilassato. Il viso invece è teso in modo innaturale: bisturi ci cova. Poi guardo meglio, la pelle ha una strana, familiare opacità: sì, quella vedo è terra, il cosmetico in polvere usato per dare colore. Deve avere avuto la mano pesante perché la sfumatura marroncina si è aggrappata anche all’attaccatura dei capelli candidi. Il contrasto è evidente. Ma è così… nonchalant.
Il più giovane è seduto sull’altra fila. Guarda fuori dal finestrino, in grembo stringe una Louis Vuitton, è vestito in quel modo che attira l’attenzione, non sai mai se è un’eleganza estrosa dettata da una esagerata sicurezza o da una moda incarognita: camicia a righine azzurra, giacca verde, pochette blu, scarpe stringate leopardate, pantaloni cargo. Risponde al telefono con una mossa molto femminile. E anche lui indossa con occhiali azzurrati, con un ciondolino che oscilla dalla stanghetta destra: sono le inconfondibili “C” intrecciate di Chanel. Li guardo e penso che Dio li fa e poi li accoppia. Son belli. Son curiosi. Chissà quante ne hanno passate insieme e chissà da quanto tempo sono insieme per assomigliarsi così. Si sorridono. Poi il più giovane guarda di nuovo fuori e la sua fronte si aggrotta. A un certo punto quello più anziano fa per alzarsi. Con la coda dell’occhio il suo ragazzo lo nota e girando la testa verso di lui, lo esorta ad aspettare: -Non ancora, è la prossima papà –
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