melanocyteL’altra sera un’amica mi fa i complimenti per aver un viso senza rughe. In realtà le rughe ci sono eccome ma si tratta soprattutto di rughe di espressione. Effettivamente io non prendo mai sole sul viso, preferisco affidare il colorito al make up perché tanto sarebbe inutile: appena mi espongo la mia pelle si arrossa come la cresta di un tacchino, i pori si dilatano a dismisura e il sebo fa capolino immediatamente. (continua)

 

melanocyte

L’altra sera un’amica mi fa i complimenti per aver un viso senza rughe. In realtà le rughe ci sono eccome ma si tratta soprattutto di rughe di espressione. Effettivamente io non prendo mai sole sul viso, preferisco affidare il colorito al make up perché tanto sarebbe inutile, appena mi espongo la mia pelle si arrossa come la cresta di un tacchino, i pori si dilatano a dismisura e il sebo fa capolino immediatamente. Insomma, uno schifo. Ho diverse invece che trasformano il primo raggio di sole in melanina: si abbronzano immediatamente.

Molto bene, direbbero i dermatologi: la melanina è un pigmento protettivo, che difende la pelle dai danni dei raggi ultravioletti. Questi infatti in relazione al DNA, sono come delle biglie che colpiscono i birilli: spezzano la preziosa molecola, che così danneggiata non riesce a replicarsi in modo corretto e nei casi più gravi questo danno diventa il punto di partenza del tumore alla pelle.

Ebbene, gli scienziati della Yale School of Medical, guidati da Douglas Brash, professore clinico di radiologia terapeutica e dermatologia, ora si trovano davanti a un mistero: sembra che la melanina stessa possa innescare il tumore.

Dopo aver esposto dei topi e delle cellule umane che producono la melanina (melanociti) a una dose di raggi ultravioletti, i ricercatori hanno verificato che il danno al DNA dei melanociti è dovuto alla produzione di una molecola, il dimero pirimidina ciclobutano (CPD) che provoca un… appicciccamento.

In pratica, due segmenti di DNA si uniscono tra loro, un po’ come due pagine di un libro incollate. Così danneggiata, la molecola di DNA non può trasmettere informazioni corrette e nascono così cellule malate. Questo però era già noto.

Ciò che ha sorpreso gli studiosi è che i melanociti continuano a produrre il CPD anche ore dopo l’esposizione. Quindi la pelle al sole è protetta dalla melanina (la pelle abbronzata è merito suo)  ma quando cessa l’esposizione, i melanociti producono CPD che danneggia le cellule stesse.

Perché i melanociti continuano a produrre CPD? Cercando una spiegazione a questo fenomeno, un ricercatore ha scoperto che la colpa è di un… elettrone. Immaginate un’auto in corsa che si libera di un sacchetto di spazzatura lanciandolo dal finestrino: ecco, l’elettrone fa così. I raggi ultravioletti investono due enzimi nella pelle che, come in una staffetta, “passano” l’energia assorbita a un elettrone appartenente alla molecola di melanina. Questo elettrone però non può trattenere il surplus di energia quindi se ne libera lanciandola contro la molecola di DNA. Il risultato di questo lancio, come un sasso contro una finestra, è che il DNA rimane danneggiato come se fosse stato esposto ai raggi ultravioletti. Allora cosa fare? Beh, quello che i dermatologi dicono da anni: proteggersi sempre, non esagerare con le ore di sole, farsi dare un’occhiata ai nei. Dato che il fenomeno del “danno al buio” è abbastanza lento, i ricercatori sperano di riuscire a confezionare un prodotto (pillola? Crema? Non si sa) che prevenga il trasferimento di energia. Come dire che… oggi c’è la crema solare, domani ci sarà anche quella serale.