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Uno dei casi più drammatici della storia dei farmaci è quella del talidomide. Nato come sedativo da banco, quando fu assunto da donne incinte, provocò importanti malformazioni (focomelia) al feto. Non c’è da stupirsi dunque se questo famigerato farmaco è spesso tirato in ballo da chi considera la sperimentazione animale (SA) non affidabile, perché dimostrerebbe in modo eclatante il fallimento della stessa. Chi invece sostiene le ragioni della SA dice che l’esempio non può funzionare perché il farmaco non venne testato su animali gravidi: C’è un caso eclatante in cui l’epidemiologia ha dato la risposta ad un effetto collaterale per il quale non si erano effettuati i test. Il farmaco era la talidomide, non furono eseguiti i test di teratogenesi su animale gravido (all’epoca non erano obbligatori) ed il risultato è stato di circa 10.000 bambini malformati. Come stanno davvero le cose? Ecco cosa ho scoperto.(continua)

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Uno dei casi più drammatici della storia dei farmaci è quella del talidomide. Nato come sedativo da banco, quando fu assunto da donne incinte, provocò importanti malformazioni (focomelia) al feto. Non c’è da stupirsi dunque se questo famigerato farmaco è spesso tirato in ballo da chi considera la sperimentazione animale (SA) non affidabile, perché dimostrerebbe in modo eclatante il fallimento della stessa.

Chi invece sostiene le ragioni della SA dice che l’esempio non può funzionare perché il farmaco non venne testato su animali gravidi: C’è un caso eclatante in cui l’epidemiologia ha dato la risposta ad un effetto collaterale per il quale non si erano effettuati i test. Il farmaco era la talidomide, non furono eseguiti i test di teratogenesi su animale gravido (all’epoca non erano obbligatori) ed il risultato è stato di circa 10.000 bambini malformati. Come stanno davvero le cose? Ecco cosa ho scoperto.

La talidomide è stata sintetizzato nel 1954 in Germania come sedativo e divenne farmaco da banco nel 1957. C’era un gran bisogno di farmaci come questo: negli anni post-bellici i problemi di insonnia erano molto frequenti, soprattutto in Europa.  Aveva una struttura molecolare simile al barbital, noto in commercio come Veronal, un sonnifero appartenente alla famiglia dei barbiturici, sintetizzato nel 1863 molto usato nella metà degli Anni Trenta. Il talidomide però non era un barbiturico e sembrava privo di quegli effetti collaterali. L’azienda produttrice era la Chemie Grünenthal, che esiste ancora oggi: ho provato a contattare gli uffici della sede in Germania e quelli italiani ma non ho ricevuto risposta.

Il talidomide fu testato in Germania sulle donne incinte ma queste furono seguite soltanto per i primi 3 mesi di gravidanza quindi non furono rilevati particolari problemi. In altri Paesi testare un nuovo farmaco in questo modo sarebbe stato inammissibile ma forse lo stupore diminuisce se si pensa che il direttore medico era Heinrich Mückter, coinvolto in esperimenti umani durante il Terzo Reich. Ma andiamo avanti (Fonte punto 1 e 2: Dark Remedy: The Impact of Thalidomide and its Revival as a Vital Medicine di Trent Stephens e Rock Brynner. Perseus: 2001)

Le pubblicità del produttore erano molto accattivanti: il farmaco è “completamente sicuro” dicevano, “anche in gravidanza”, scherzando anche sul fatto che “non si è riusciti a trovare neanche una dosa capace di uccidere un ratto”. Al 1960, la talidomide era venduta in 46 Paesi, con un giro d’affari simile a quello dell’aspirina, tanto per dare un’idea di quanto fosse famoso.

Poi successe qualcosa. L’ostetrico australiano William McBride scoprì per caso che la talidomide alleviava la nausea mattutina, quella sensazione di vomito che spesso coglie le donne incinte. Così Mc Bride lo usò off label,  cioè “fuori etichetta, nel senso che il farmaco  è prescritto per “curare” una cosa diversa per la quale è stato proposto dall’azienda. Anche oggi ci sono diversi usi off-abel: alcuni farmaci antidepressivi sono usati per trattare il dolore cronico, solo per fare un esempio.

Cominciano i guai: nascono i primi bambini focomelici. Ad accorgersi è lo stesso ostetrico McBride nel 1961. Da quel momento la relazione fra focomelia e assunzione di talidomide è sempre più stretta e il farmaco è ritirato quasi in tutto il mondo nel 1962 (in Spagna circolò fino al 1965 e in Italia ancora 10 mesi dopo il ritiro in Germania)

Insomma, il talidomide era stato sperimentato sugli animali sì o no? E fra le cavie, c’erano anche quelle gravide?  Sul libro Specious ScienceHow Genetics and Evolution Reveal Why Medical Research on Animals Harms Humans scritto dai medici Ray Greek e Jean Swingle Greek  (edito da Continuum) è scritto che i testi su ratti gravidi   avvennero, anche se non sulla teratogenità specifica (cioè sul tipo preciso di malformazione) ma non diedero alcun risultato di malformazione (fonte: Dark Remedy: The Impact of Thalidomide and its Revival as a Vital Medicine di Trent Stephens e Rock Brynner. Perseus: 2001)

Scrive Roald Hoffmann (premio Nobel per la Chimica nel 1981) nel suo libro The Same and Not the Same (Uguali e non uguali, Columbia University Press 1995 p136): I test su animali per verificare la teratogenità di nuovi farmaci era una procedura di routine nelle grandi aziende farmaceutiche. Nel 1959 per esempio la Hoffmann-La Roche’s roche Laboratories aveva pubblicato uno studio importante delle conseguenze sul sistema riproduttivo del suo farmaco Librium (una benzodiazepina, ndr). La stessa cosa la fecero i Wallace Laboratories nel 1954 per  il loro Miltown (un ansiolitico, ndr). E tutto questo ben prima dell’incidente del talidomide.

Dopo i primi sospetti, l’azienda produttrice della talidomide intensificò le campagne pubblicitarie e minacciò i medici che ventilavano un possibile pericolo. Nel frattempo continuò a ripetere test su test ma i cuccioli di animali (cani, gatti, topi, ratti, ecc) sembravano immuni. Fino a quando un giorno sperimentarono sul coniglio della Nuova Zelanda. La femmine diede alla luce una cucciolata malformata ma la dose che fu necessaria per causare questo danno era compresa tra 25 e 300 volte più grande di quella che avrebbe assunto normalmente una donna. In altri termini: causa malformazioni al feto con una dose di 0,5 mg/kg mentre è ancora inattivo se al topo si danno 4000 mg/kg (fonti) Teratogenesis, Carcinogenesis, and Mutagenesis 1982;2:361-74 http://jpsl.org/archives/history-and-implications-testing-thalidomide-animals/). Il ragionamento dietro a questa sperimentazione è facile. E vale per tutte le sostanze che assumiamo: un poco di qualcosa può essere innocuo ma se esageriamo possiamo morire. Pensate all’acqua. Anche l’acqua, considerata il composto meno tossico al mondo, uccide: se ne beviamo tantissima andiamo in iponatremia, cioè perdiamo così tanti sali minerali da rimanerci secchi. Per i topi la dose fatale LD50 (la dose necessaria per uccidere il 50% delle cavie) è di 90ml/kg.  Quindi: un pochino di talidomide non li uccide, tantissimo talidomide sì.

Sul Time del 23 febbraio 1962 è stato scritto che “La talidomide fu messa sul mercato dopo 3 anni di test su animali”. Ed è molto interessante ciò che riporta un documento (The Journal of Philosophy, Science & Law Volume 11, October 3, 2011) che ho scovato. 1) A quell’epoca i ricercatori sapevano benissimo che le sostanze attraversavano la placenta, quindi pare strano che i tedeschi della Grunenthal avessero ignorato questo test; 2) I suoi scienziati fecero i test su animali gravidi. Purtroppo tutta la documentazione della Gruenenthal andò distrutta e non si saprà mai quali test esattamente furono condotti. Quindi la domanda a questo punto è: se avessero fatto più esperimenti su animali, si poteva evitare il disastro? La risposta è no. Nel documento che ho citato è spiegato il motivo di questo "no",  motivo tecnico legato alla metabilizzazione della molecola da parte del fegato.

Il 14 novembre 2014 il quotidiano inglese The Guardian ha pubblicato una lunga inchiesta in cui racconta come l’azienda Gruenenthal è riuscita a uscire salva dal processo. La Gruenenthal ha così risposto al giornale: Il talidomide fu messo sul mercato più di 50 anni fa. Crediamo che il nostro comportamento sia stato coerente con le conoscenze scientifiche dell’epoca e gli standard predominanti per lo sviluppo e i test dell’industria farmaceutica di quel tempo. Come dire: non è colpa nostra, abbiamo fatto tutto regolarmente. Test compresi.

L’associazione inglese delle vittime del talidomide Thalidomide UK afferma: Alcuni affermano che la tragedia non è un esempio del fallimento della sperimentazione animale ma della disonestà dell’industria farmaceutica. Lo affermano sulla base del fatto che i test condotti furono superficiali e poco accurati…E’ evidente che le deformità dei feti causati dal talidomide è il risulato dei risulati fuorvianti derivati dalla sperimentaizone animale e della disonestà. I test sugli animali condotti dalla Grünenthal non mostrarno effetti collaterali e inoltre in alcuni Paesi europei, come Gran Bretagna e Svezia, furono eseguiti altri test animali in modo indipendete dalla Germania arrivando agli stessi risultati.

 

CONCLUSIONI: Supponiamo che la Gruenenthal non abbia fatto i test su animali gravidi. Perché non li abbia fatti è un mistero ma supponiamo che le cose fossero andate così. Dopo i casi di focomelia, fecero test sulle più svariate specie animali, scimmie comprese (Science 1963;139:1294-95http://jpsl.org/archives/history-and-implications-testing-thalidomide-animals/). I risultati non arrivavano.  Allora hanno aumentarono a dismisura le dosi di farmaco scoprendo che per avere topi deformati dovevano far ingerire alla cavia gravida una dose assurda, che nessuna donna avrebbe mai assunto: 25 volte la dose minima consigliata. Ecco se l’animale da laboratorio assume una dose proporzionale ad almeno 25 volte la dose consigliata negli umani, allora sì, si ammala. Ah certo, se sei un coniglio della Nuova Zelanda invece è più semplice, la tua prole sarà più facilmente danneggiata. Ma è logico questo modo di procedere? E' affidabile la sperimentazione animale? Quanti casi talidomide potrebbero ancora accadere?