Oggi mentre facevo la spesa mi sono fermata al reparto biscotti&dolcezze. Altro che le sirene di Ulisse: sentivo il coro degli angeli che mi suggerivano di mettere nel carrello il mio cioccolato preferito, il Doppiolatte della Lindt. Come potevo resistere? Poi, per dimenticare il senso di colpa (la tavoletta non durerà più di 24 ore) ho sbirciato l’etichetta di una linea di wafer che non avevo mai visto, marca “Napoli”. Che cos’è l’ingrediente “grasso butirrico”?(continua)

 

Oggi mentre facevo la spesa mi sono fermata al reparto biscotti&dolcezze. Altro che le sirene di Ulisse: sentivo il coro degli angeli che mi suggerivano di mettere nel carrello il mio cioccolato preferito, il Doppiolatte della Lindt. Come potevo resistere? Poi, per dimenticare il senso di colpa (la tavoletta non durerà più di 24 ore) ho sbirciato l’etichetta di una linea di wafer che non avevo mai visto, marca “Napoli”. Che cos’è l’ingrediente “grasso butirrico”?

Mi sono documentata e ho scoperto che si tratta della parte grassa del latte, cioè un mix di trigliceridi. La loro molecola assomiglia a una “E” dove la “spina dorsale” è la molecola di glicerolo mentre i tre dentini orizzontali sono molecole di acidi grassi, fra cui l’acido palmitico, miristico, oleico.

Il grasso butirrico non va confuso con l’acido butirrico, che è un grasso irrancidito, cioè un acido grasso che si è staccato dal suo glicerolo per l’azione della molecola d’acqua. Si trova un po’ ovunque, negli alimenti e non solo: nel burro rancido, in alcuni deliziosi formaggi stagionati, nel vomito, nel sudore.

Per esempio il favoloso Parmigiano Reggiano a 12 mesi di stagionatura contiene circa 15 milligrammi su 100 grammi di acido butirrico mentre un piede lascia un’impronta sul pavimento di almeno 250 miliardi di molecole di questo acido, molto al di sopra della soglia di sensibilità del naso di un cane. Ma molto, molto al di sotto della nostra. Per fortuna.