Quello che sta accadendo dopo le insulse, vaneggianti, pericolose dichiarazioni del comico Beppe Grillo (la cui bacheca su FB è stata invasa da gattini, una forma di protesta geniale) mi ha fatto ricordare la prima volta in cui ho fatto una mammografia. Secondo gli esperti bisognerebbe iniziare subito dopo i 40 anni: io… beh un po’ più in là. Mi ricordo bene l’incontro con la mia nuova ginecologa, l’anno scorso.(continua)
Quello che sta accadendo dopo le insulse, vaneggianti, pericolose dichiarazioni del comico Beppe Grillo (la cui bacheca su FB è stata invasa da gattini, una forma di protesta geniale) mi ha fatto ricordare la prima volta in cui ho fatto una mammografia. Secondo gli esperti bisognerebbe iniziare subito dopo i 40 anni: io… beh un po’ più in là.
Mi ricordo bene l’incontro con la mia nuova ginecologa, l’anno scorso.
-Signora Marelli, vedo dalla sua scheda che ha 46 anni. Bene, ha portato le precedenti mammografie così do un’occhiata?
La signora Marelli-me-medesima a questo punto è in forte imbarazzo e quasi con un filo di voce risponde:
-Ahm… io…non… a casa ho qualche ecografia ma mammografie non ho mai fatte –
La dottoressa mi guarda con aria severa:
-Ma scusi la ginecologa che aveva prima non gliel’ha detto che dopo i 40 anni bisgnerebbe farla? –
Ora, con tutti gli asteroidi che girano a vanvera attorno alla Terra, perché non ne cade uno adesso sulla mia testa?
-Ecco vede, io …io ho paura di fare la mammografia. Mi hanno detto che fa malissimo! –
La dottoressa mi guarda ancora più severa e mi bacchetta:
-Guardi che il cancro al seno fa ancora più paura. –
Mi sono sentita un rifiuto biologico azotato. Chi mastica un minimo di chimica sa di quale sostanza naturale sto parlando.
-Ma mi hanno detto che fa malissimo! – dico per giustificare la mia grave mancanza.
-Senta, non diciamo balle. E anche se facesse male si tratta di una frazione di secondo, le assicuro che non è mai morta nessuna. Quindi adesso la saluto e ci vediamo con i risultati della mammografia. -.
Così sono uscita dallo studio e mi sono resa conto di quanto fossi stata cretina a sottovalutare la situazione. Mi sono collegata a Internet per vedere la lista di attesa degli ospedali e alla fine ho scelto il Policlinico vicino a casa: avrei dovuto aspettare due mesi. Nel frattempo ho chiesto a tutte le amiche se la mammografia le fatte urlare di dolore: tutte, ma proprio tutte, mi hanno guardata come se fossi matta: “Ma chi ti ha detto una scemenza del genere?”.
Eppure sono sicura che qualcuna me l’avesse detto.
Il tempo passa e ho ceduto alla tentazione malefica di farmi un film: e se mi trovano qualcosa? Come se mettendo la testa sotto la sabbia, fosse la soluzione. Come se facendo finta che la possibilità di ammalarmi fosse pari a zero e che solo andando a “toccare l’argomento”, mi esponesse al rischio reale. Se mi avessero trovato qualcosa…. il primo pensiero è stato per miei gatti. Poi per i miei capelli. Poi già mi immaginavo a scrivere articoli per le testate per cui lavoro, da un letto di ospedale perché si sa che noi freelance se usciamo dal giro…è finita. Dobbiamo ricominciare da capo. Dopo aver attraversato la fase “brutti pensieri”, sono rimasta piuttosto tesa fino al giorno dell’esame.
Pioveva. Con passo veloce e dotata di un ombrellino smilzo, ho attraversato i giardini dell’ospedale alla ricerca del padiglione giusto. Sì, certo, ero da sola. Mentre vago con aria incerta verso un cartello di indicazioni, una bella signora di circa cinquant’anni si avvicina e mi chiede: “Mi scusi! Sa dove fanno le mammografie?”. Ma pensa che coincidenza. Le rispondo: “Guardi signora sto cercando anche io… ecco dovrebbe essere da quella parte”. “Ah, grazie, il mio turno era mezz’ora fa ma mi ero dimenticata dell’appuntamento…”. Si era dimenticata dell’appuntamento: il motivo lo scoprirò più tardi. Si era operata di tumore dieci anni prima e da allora l’esame è routine. Tanto da dimenticarsene.
Finalmente arrivo. Prima l’accettazione: il ticket è gratuito perché ho superato i 40 anni e quindi faccio parte automaticamente del programma di prevenzione. Rifletto: è proprio un’ottima cosa. Aspetto: prima all’accettazione, poi nella saletta dove si esegue l’esame radiologico. E ovviamente tengo a bada l’ansia nell’unico modo possibile: penso alla scienza dei raggi X (non potevo portare i gatti da abbracciare, ovvio).
La mammografia è stata inventata dal chirurgo tedesco Albert Salomon nel 1913 ma è solo alla metà degli Anni Sessanta che viene “accettata” ufficialmente come strumento diagnostico. Da allora le cose sono cambiate tantissimo: si usano ancora i raggi X ma si usano macchine che lavorano in digitale: il raggio X che esce dal corpo della paziente è trasformato in segnale elettrico e raccolto da un computer, che così elabora l’immagine visibile sul monitor. Inoltre la dose di radiazioni delle macchine digitali è in media del 22% più bassa rispetto a quella della mammografia tradizionale. Perché si usano i raggi X per scovare il tumore? Per cercare diverse cose fra cui anomalie nella densità dei tessuti (generalmente il tumore è più denso) e calcificazioni. Si tratta di cristalli di calcio che possono essere la traccia del tumore ma… non è detto che lo siano: circa l’85% delle mammografie mostrano calcificazioni e di queste il 15-30% sono legate a un tumore. Dalla forma e dalla disposizione dei cristalli, il radiologo esperto può capire se è il caso di approfondire le indagini (per esempio attraverso una biopsia) oppure se si tratta di calcificazioni dovute a un’infiammazione o all’età, per esempio.
Quando tocca a me, il cuore mi batte forte. Mi accoglie una tecnica (la chiamo “dottoressa” ma lei dice di essere “solo” una tecnica) e gentilmente mi dice di spogliarmi. Il cuore batte sempre forte. Appena sono pronta, appoggio il seno fra le due piastre in plexiglass e mi preparo a serrare la bocca forte per non urlare. Credo di aver chiuso anche gli occhi. La tecnica si allontana per manovrare la chiusura delle piastre e avviare il flusso di raggi X….E niente. Non ho sentito niente. “Ha visto che è andata bene?” mi dice sorridendo quando torna per sistemarmi in posizione diversa, questa volta con il braccio alzato. Sì-sì, penso, sarà un caso! E trattengo il respiro mentre le piastre si chiudono di nuovo. Qualche secondo e sono di nuovo libera. Non ho sentito niente. Comincio a respirare meglio. Ora tocca all’altro seno. La tecnica mi aiuta per il posizionamento, si allontana e ancora: schiacciamento forte ma non sento nulla. Per l’ultima immagine immagine, chissà perché, per un attimo ho visto tutte le stelle del cielo boreale e mi è scappato anche un “AHIA!” ad alta voce e la tecnica con dolcezza mi dice: “Resista… fatto”. Mi rivesto e scopro che l’esito l’avrò fra due settimane. Stai tranquilla, mi dicono le amiche: se avesse visto qualcosa di brutto te lo avrebbe detto subito. Mah, non sono convinta: la ragazza ha detto di non essere una radiologa ma una tecnica. E poi non credo che si possa valutare in due minuti una mammografia. I giorni, devo ammetterlo, sono passati lenti. Ho cercato di non farmi film. E il giorno dell’esito, il mio cuore batteva ancora più forte. Tutto a posto, ma non devo mai più trascurarmi così.
La ginecologa mi ha consigliato di rifare l’esame l’anno prossimo. E per ribadire che ciò che afferma Beppe Grillo è una grande scemenza: un’estesa revisione di programmi di screening che hanno coinvolto milioni di donne in tutta Europa pubblicata sul Journal of Medical Screening dimostra che un controllo al seno ogni due anni salva la vita a circa 9 donne ogni mille che si sottopongono a mammografia. E se tra quelle 9 donne potremmo esserci noi, le nostre mamme, figlie, amiche.
Fonti:
http://www.sciencedaily.com/releases/2010/01/100121135704.htm
http://www.huffingtonpost.com/2014/10/06/history-of-the-mammogram-infographic_n_5701361.html
http://radiopaedia.org/articles/breast-calcifications
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